Jean-Marc Fournier, il Cavaliere ecclesiastico dell’Ordine che è diventato l’eroe di Notre Dame

Print Mail Pdf

Fournier

Il suo ingresso nella cattedrale di Notre-Dame in fiamme, insieme ad una squadra di pompieri per salvare la Corona di spine e il Santo Sacramento, ha suscitato ammirazione in tutto il mondo. In questa intervista rilasciata un mese dopo l’incendio di Notre Dame a Parigi, Padre Jean-Marc Fournier, cappellano dei pompieri di Parigi e Cavaliere dell’Ordine del Santo Sepolcro, evoca il significato speciale che per lui hanno le Reliquie della Passione e parla del ruolo del sacerdote all’interno dell’Ordine.


Mentre la cattedrale di Notre Dame veniva divorata dalle fiamme, lei ha partecipato al salvataggio delle Sacre Reliquie a fianco dei pompieri di Parigi. Qual è il particolare significato della Corona di spine per Lei, in quanto membro dell’Ordine?

Talvolta ci si burla di San Tommaso che volle mettere le dita al posto dei chiodi nel costato di Gesù, ma è giocoforza constatare che in certe circostanze si ha bisogno di segni tangibili nella fede.

Tutte le reliquie legate alla Passione del Signore Gesù Cristo hanno un’importanza fondamentale per i cristiani come noi. È risaputo che siamo gli unici a venerare un Sepolcro vuoto… Fortunatamente vuoto, poiché se Gesù non fosse resuscitato – come ci rammenta San Paolo – la nostra fede risulterebbe vana.

Questa risonanza intima sostiene la fede del cristiano. Dopodiché, ci inseriamo anche nella Grande Storia, che va al di là della caccia alle reliquie, percorrendo tutto il periodo medievale. Il Re San Luigi riscattò le preziose reliquie e fece erigere i più bei monumenti parigini in loro onore.

Nel nostro Ordine, si ritrova tale slancio iniziale. Mi piace affermare che gli Ordini di cavalleria rappresentano una visione profetica dei papi. Direi una sorta di Accordo di Schengen ante litteram, poiché la necessità della libera circolazione di beni e persone rientrava nella visione papale. Quando i Selgiuchidi iniziarono a conquistare la Terra Santa, ostacolando questi movimenti di persone e beni, si cominciò a predicare la prima Crociata… e poi tutte le altre, proprio per ripristinare tale libertà. Ciò diede origine ai suddetti ordini, in particolare l’Ordine dei Canonici del Santo Sepolcro.

Sono stato in Terra Santa una volta, mi piacerebbe ritornarvi se Dio vuole: posso affermare che un viaggio del genere trasforma il modo in cui si vive la fede. Il fatto di avere visitato la Terra Santa permette – nelle meditazioni e nelle letture della Bibbia – di “immaginare”, ovverosia d’incarnare, poiché la Salvezza passa attraverso l’Incarnazione di Dio, che è assolutamente determinante.


Lei è oggetto di sollecitazioni mediatiche continue dopo l’incendio di Notre Dame. Come riesce a gestire quest’improvvisa celebrità?

Ho la fortuna di vivere abbastanza protetto e in disparte, sicuramente per carattere, ma anche perché nel mondo militare lo statuto ci tutela. Siamo tenuti al dovere di riservatezza, pertanto si può parlare molto poco. Tutto è gestito dagli addetti alla comunicazione, di conseguenza qualunque cosa è piuttosto “inquadrata”. Dopo l’incendio, riceviamo sollecitazioni dal mondo intero.

La nostra massima con i pompieri è «Salvare o perire», che ben evidenzia il nostro impegno. Abbiamo anche un altro motto: «Altruismo, efficienza e discrezione». Talvolta vi aggiungiamo anche la parola umiltà. Lo teniamo sempre presente: quando esitiamo sul comportamento da adottare, il fatto di essere radicati in queste tre parole ci aiuta ad affrontare più serenamente i periodi difficili come questo.


Lei ha sottolineato in un recente articolo che la sua presenza all’interno dell’Ordine del Santo Sepolcro rappresenta un servizio per le anime e non una corsa alle medaglie. Quale crede che sia il ruolo del sacerdote nell’Ordine?

La maniera in cui è organizzata la Luogotenenza francese fa sì che in ogni Delegazione risulti molto importante sostenere il Patriarcato Latino, ma anche lavorare per la propria santificazione personale. Nell’ordine della grazia, bisogna innanzitutto essere colmati di grazia – come la Santa Vergine – e successivamente farne beneficiare il prossimo attorno a noi in modo efficace. Il Cavaliere – per rivelarsi ancora più efficiente nell’aiuto che può offrire agli altri – deve lavorare alla propria santificazione.

In Francia, abbiamo delle riunioni mensili durante le quali si dedica sempre un breve tempo alle piccole questioni da discutere e ci si scambia notizie gli uni degli altri. Dopodiché, si lavora sulla tematica dell’anno, con i documenti preparati dal Gran Priore. Il sacerdote ha il compito di accompagnare questa lettura rimanendo nella recta dictio, in una visione cattolica delle cose, invitando alla preghiera e alle opere di pietà… La presenza del sacerdote incoraggia un circolo virtuoso che trascina tutti verso l’alto. Modestamente, è ciò che si cerca di fare, specie nella Delegazione di Saint-Rémy, Reims e Chalons, dove sono Priore.


In che modo questa missione dona risonanza alla sua missione di cappellano militare?

Le due missioni risultano concomitanti: in effetti, sono entrato nell’Ordine perché ero cappellano militare. Un mio amico era cancelliere e membro dell’Ordine nella Delegazione di Chalons, dunque di Reims. In occasione di un’operazione svolta insieme in Africa, abbiamo simpatizzato. Egli mi ha proposto di unirmi all’Ordine; così, dopo essermi informato, ho iniziato a partecipare alle loro riunioni.

I membri dell’Ordine hanno lo stesso desiderio di riscoprire l’impegno gratuito e l’abnegazione, per contribuire alla felicità altrui. Dopo due anni di presenza, ho deciso di diventare – su invito del responsabile della Delegazione di quel periodo – membro a tutti gli effetti.


Intervista a cura di Solène Tadié


(estate 2019)