Il rientro a scuola per gli studenti delle scuole cristiane in Israele

Il vicario patriarcale per Israele, Mons. Giacinto Boulos Marcuzzo racconta la difficile situazione delle scuole cristiane

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Manifestazione per le scuole cristiane Israele Foto della manifestazione a favore delle scuole cristiane del 1° settembre 2015. Fonte: Patriarcato Latino di Gerusalemme

Oggi 1° settembre riaprono le scuole in Israele e le 47 scuole cristiane che accolgono 33.000 studenti si trovano ad affrontare una situazione complicata dal punto di vista finanziario che si sperava fosse oramai risolta. Il vicario patriarcale per Israele, Mons. Giacinto Boulos Marcuzzo ne parla ai microfoni della sezione francese di Radio Vaticana, ricordando l’accordo che era stato raggiunto l’anno scorso con l’amministrazione pubblica israeliana. Due punti principali risultavano parte dell’accordo: il versamento di 50 milioni di shekel da parte dello Stato alle scuole cristiane e la formazione di una commissione bilaterale per studiare le questioni di fondo riguardanti le scuole cristiane rispetto a quelle dello stato.

Mons. Marcuzzo conferma che ad oggi, nessun versamento è stato effettuato da parte delle autorità. «L’ultima proposta che ci è stata avanzata dal ministero è stata quella di presentare dei progetti per il futuro che ci sarebbero stati finanziati ma abbiamo detto di no perché non stiamo parlando del futuro ma di compensare parte delle sovvenzioni che non ci sono state date in passato». Per quanto riguarda invece la commissione bilaterale, i lavori sono terminati a marzo 2016 e una lista di raccomandazioni è stata consegnata ma, anche su quel fronte, non si sono verificati concreti passi in avanti.

Il vicario patriarcale ricorda che, secondo la legge, le scuole private dovrebbero ricevere il 75% dei finanziamenti che vengono riconosciuti alle scuole pubbliche ma questa cifra è stata sensibilmente ridotta e le spese necessarie sono state coperte dai genitori dei bambini e da qualche benefattore. Alla domanda sul perché il governo abbia cambiato atteggiamento, Mons. Marcuzzo risponde in sostanza: «C’è certamente una politica intenzionale. Non voglio fare un processo alle intenzioni ma c’è una tendenza più o meno evidente a rendere le nostre scuole pubbliche e a metterle sotto il controllo dello stato». Questo vorrebbe dire perdere l’identità cristiana della scuola che è un prezzo che non si è disposti a pagare.

I cristiani rappresentano il 2% della popolazione e hanno il 4% della capacità scolare eppure, nelle università, il 30% degli studenti sono stati formati in una scuola cristiana. «Lo stato di Israele dovrebbe essere fiero della qualità di queste scuole e dovrebbe aiutarle affinché continuino a portare questi frutti in abbondanza», commenta il vicario patriarcale.

Chiaramente la situazione che si prospetta per questo anno è complicata e interroga la struttura stessa delle scuole cristiane: «Non vogliamo che le nostre scuole siano selettive. Vogliamo delle scuole pastorali aperte a tutti dal punto di vista religioso e dal punto di vista delle capacità finanziarie e facciamo grandi sforzi in questa direzione», afferma con forza Mons. Marcuzzo. E conclude: «Con molta pazienza continuiamo a dialogare e a cercare delle soluzioni».   


1 settembre 2016